Pendolaria 2013: meno treni per chi viaggia ogni giorno

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Sono 2,9 milioni di pendolari viaggiano in treno. Ma i tagli riducono i passeggeri: nel 2013, 110 mila persone in meno sui treni in Campania e Piemonte 

 

I soliti vecchi treni sono diminuiti, non perché siano stati sostituiti dai nuovi ma perché sono stati tagliati, e quindi quelli rimasti sono sempre più affollati. Per i pendolari il servizio offerto non fa che peggiorare: dal 2009, mentre i passeggeri aumentavano del 17%, le risorse statali per il trasporto regionale si sono ridotte del 25%. Sono quasi 3 milioni le persone che ogni giorno prendono il treno per andare a lavorare o a studiare, più degli elettori alle primarie del PD, eppure di loro non si occupa nessuno. Nonostante i clamorosi tagli alle risorse imposti dalla crisi negli ultimi anni, per la politica nazionale, la questione della mobilità pendolare è chiaramente inesistente.

Il rapporto Pendolaria 2013 di Legambiente, sulla situazione e gli scenari del trasporto ferroviario pendolare in Italia, è stato presentato questa mattina a Roma in una conferenza stampa a cui hanno partecipato Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente, Erasmo D’Angelis, sottosegretario alle infrastrutture, Ermete Realacci, presidente della commissione trasporti della Camera e Vincenzo Soprano, amministratore delegato di Trenitalia.

“La situazione dei pendolari – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini – dopo i tagli di questi anni è sempre più grave. Proprio in un momento di crisi economica come quello che stiamo attraversando, bisogna occuparsi di un fenomeno sociale di queste dimensioni, perché è anche la crisi ad obbligare tante persone a spostarsi sui mezzo pubblici per risparmiare. Sono 670mila i pendolari lombardi, per esempio, e 560mila quelli del Lazio: su alcune linee è come se ogni mattina si spostassero tutti gli abitanti di una città come Arezzo o Ancona. Per tutta risposta, negli anni sono state ridotte le corse e chiuse anche molte biglietterie nelle stazioni a fronte di aumenti delle tariffe non giustificati da alcun miglioramento. E’ evidente che ci troviamo di fronte a una questione nazionale e a una battaglia di civiltà nell’interesse dei cittadini”.

Complessivamente sono oltre 2milioni e 861mila i passeggeri sul servizio ferroviario regionale. Ma nel 2013 il numero totale dei passeggeri su queste linee, per la prima volta in 10 anni, è calato dell’1,4%. Sono oltre 110mila i viaggiatori in meno in Campania e Piemonte a causa dei tagli al servizio. In Campania, dove sono stati fatti tagli complessivi del 19% al servizio dal 2010 a oggi con punte di meno 50% su alcune linee, i passeggeri si sono ridotti a 310mila contro i 395mila dello scorso anno e i 467mila del 2011. In Piemonte, tagli di quasi il 10% e la cancellazione di 13 linee ferroviarie hanno portato a far scendere i viaggiatori giornalieri dai 236mila dello scorso anno ai 209mila del 2013. Gli ultimi tre anni sono stati il periodo più nero della storia dei trasporti ferroviari locali e per la vita dei pendolari. Nel 2013 molte regioni hanno deciso di tagliare i servizi e di aumentare il costo dei biglietti. Il prezzo del biglietto in Italia è comunque in media molto più basso rispetto agli altri Paesi europei ma la differenza più forte con Madrid, Lione o Berlino è nella qualità del servizio.

Nel 2009 il totale dei fondi disponibili per i trasporti su gomma e su ferro corrispondeva a circa 6,1 miliardi di euro; nel 2013 questa voce è di poco più di 4,9 miliardi. Poiché il totale necessario per il funzionamento dei trasporti pubblici locali sarebbe di 6,5 miliardi di euro, è evidente che c’è una mancanza di risorse del 25%. Le Regioni, cui spetta il compito più delicato nel garantire la qualità del servizio, non sono state da meno nel trascurare le necessità dei pendolari, e non arrivano in media neanche allo 0,4% del bilancio. Solo la Provincia di Bolzano, nel 2013 concede quasi il 2% di spesa per i pendolari rispetto al proprio bilancio. Gli investimenti arrivano a superare l’1% anche in Valle d’Aosta, Provincia di Trento e Lombardia. In tutte le altre Regioni la spesa è invece del tutto inadeguata; le situazioni più gravi sono in Piemonte, Lazio e Campania dove a fronte di centinaia di migliaia di pendolari non si raggiunge lo 0,3% della spesa rispetto al bilancio.

Sull’autotrasporto invece, sono piovuti dal 2000 al 2013, oltre 5,3 miliardi di euro. Tra fondi diretti e sconti sui pedaggi autostradali, per circa 500 milioni in media l’anno a cui vanno aggiunti 330 milioni di euro già stanziati per il 2014. Impressionante poi lo strabismo nel premiare i cantieri delle grandi opere a scapito della mobilità urbana e pendolare. I finanziamenti da parte dei governi che si sono succeduti in questo decennio, attraverso la legge Obiettivo, hanno premiato per il 71,9% gli investimenti in strade e autostrade. In termini assoluti le infrastrutture stradali sfiorano la quota faraonica di 81 miliardi di euro, contro i 17,8 delle ferrovie e i 13,5 delle metropolitane. Anche le Regioni continuano a scegliere strade e autostrade come investimenti prioritari: queste infatti rappresentano il 60% degli stanziamenti regionali contro il 40% per ferrovie e metropolitane. La regione Emilia-Romagna, ad esempio, sta investendo 180 milioni di euro di risorse pubbliche per la realizzazione dell’autostrada regionale Cispadana.

“Senza un cambiamento nelle politiche e nelle risorse per il trasporto ferroviario – ha sottolineato Zanchini – si aggraveranno i problemi delle città e si allargherà la forbice tra le diverse aree del Paese e tra i servizi, di serie A, B o C. Se nel 2007 i collegamenti Eurostar tra Roma e Milano erano 17 al giorno, nel 2013 sono 52 le corse Frecciarossa, a cui si sommano 14 Italo, con un aumento dell’offerta del 395%. Nello stesso periodo, a Genova i treni che attraversano la città da Voltri a Nervi da 51 sono diventati 35 su una linea percorsa ogni giorno da 25mila pendolari con ulteriori tagli effettuati anche quest’anno: un drammatico meno 31%.  Per i treni a lunga percorrenza finanziati con il contributo pubblico (gli Intercity principalmente) tra il 2010 e il 2012 i treni/km percorsi si sono ridotti di oltre il 24%.

L’obiettivo, per Legambiente, è arrivare a 5milioni di cittadini trasportati ogni giorno nel 2020, liberando così le città da auto e inquinamento e migliorando la vita e la mobilità dei cittadini. La riorganizzazione del settore del trasporto pubblico locale e regionale consentirebbe, inoltre, secondo uno studio della Cassa depositi e prestiti, di creare un valore aggiunto pari a 17,5 miliardi e 465mila nuovi posti di lavoro.

Per capire da dove partire, basta prendere in considerazione le richieste dei pendolari: treni nuovi, più numerosi e più veloci e un maggiore coinvolgimento degli utenti. Occorre aumentare i collegamenti sulle 20 principali linee pendolari del Paese, oltre a garantire il servizio su tutte le altre, riorganizzando gli orari in base alle necessità di chi viaggia. Servono treni moderni e più capienti, in particolare nelle aree urbane, e bisogna recuperare il “progetto 1000 treni per i pendolari” lanciato nel 2007 perché l’affollamento dei convogli causa sempre più ritardi per la difficoltà di accesso alle carrozze e di chiusura delle porte. Inoltre, i treni pendolari italiani sono i più lenti d’Europa. La media è di 35,9 km/h sulle linee di collegamento con le grandi città, mentre è di 51 in Spagna, 48,1 in Germania, 46,6 in Francia.

Il 2014 sarà un anno fondamentale per ripensare e migliorare il servizio ferroviario in Italia, scadrà infatti il contratto nazionale di servizio che il ministero delle Infrastrutture ha in corso con Trenitalia per gli intercity e i contratti di servizio in 12 regioni e nelle 2 province autonome e si aprirà una stagione di gare per l’affidamento come da direttive europee.

“La prima scelta indispensabile è quella di abolire la legge Obiettivo – ha concluso Zanchini – perché le ‘grandi opere’ che servono all’Italia sono nelle città. Il 50% della spesa nazionale e regionale per le opere pubbliche deve andare alla realizzazione di nuove linee di metropolitane e del servizio ferroviario pendolare, di tram”.

Per migliorare concretamente la vita dei pendolari, attualmente ostaggio di un servizio sempre più vicino al tracollo, Legambiente chiede al Governo:

1. Certezze per le risorse da parte di governo e Regioni da destinare al servizio: Ministero delle Infrastrutture e Parlamento individuino le risorse necessarie nell’ambito di una politica complessiva dei trasporti, spostando finalmente le risorse della legge Obiettivo dalla strada al ferro. Per le Regioni l’obiettivo dovrebbe essere una spesa pari almeno al 5% del proprio bilancio.

2. Approvare subito la carta dei servizi e dei diritti degli utenti: all’Autorità spetta il compito di definire le condizioni che garantiscono la tutela dei diritti dei cittadini nel processo di liberalizzazione e la qualità del servizio. Una sfida delicata perché occorre attuare una direttiva europea che prevede la liberalizzazione nel settore ferroviario stabilendo ruoli chiari anche nel controllo degli investimenti e dell’offerta.

3. Introdurre una detrazione del 20% per gli abbonamenti al trasporto pubblico locale e ferroviario: uno sconto, cancellato dalla finanziaria del 2010, che allevierebbe le spese delle famiglie.

4. Un’agenzia per la mobilità in ogni regione: bisogna superare l’attuale situazione di confusione di ruoli e responsabilità riguardo ai treni in circolazione. Come negli altri paesi europei deve essere una struttura pubblica, un’agenzia regionale o metropolitana, l’interlocutore di chi viaggia in treno.

5. Un ministero che si occupi del trasporto ferroviario: garantire collegamenti ferroviari efficienti al Nord come al Sud tra i principali capoluoghi, integrati con il sistema di porti e aeroporti, è una questione politica nazionale. Chiediamo al ministero delle Infrastrutture di definire gli obiettivi di miglioramento del sistema dei trasporti ferroviari e di aprire un confronto pubblico con regioni, Ferrovie dello Stato, Autorità dei Trasporti, associazioni e imprese.

 

 

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